Teatro

Periferia dentro di noi, arte intorno a noi: l'opera interagisce con la comunità

Periferia dentro di noi, arte intorno a noi: l'opera interagisce con la comunità

Il territorio è una presenza neutra, manifestazione di unità pura. Quando viene categorizzato, attraverso gli schemi antropici di centro e periferia, diventa struttura complessa, ambigua. Dai primi anni ’60, periodo di intensa crescita urbana e fondazione intensiva di quartieri residenziali, i due sistemi correlati del centro e della periferia hanno condizionato atteggiamenti percettivi, scelte politiche, modelli culturali. Oggi, nell’epoca della metropoli immateriale, si è sviluppata l’esigenza di formare nuove interpretazioni dello spazio, una necessità che la pratica e la teoria artistica hanno tentato di esprimere, come nel caso delle immagini dei paesaggi urbani, di Bernd e Hilla Becher, Thomas Ruff, Andreas Gursky.

L’Accademia di Belle Arti di Napoli, tradizionalmente aperta agli influssi della città, ha inaugurato il ciclo di incontri sui temi congruenti dell’arte, dell’estetica e della cittadinanza, con una conferenza incentrata sull’argomento della “periferia esistenziale”. L’espressione, molto usata da Papa Bergoglio, definisce tutti i luoghi segnati dall’indifferenza, dalla povertà spirituale, prima che materiale, senza separazione geografica o di censo. Un argomento particolarmente sentito dal neodirettore dell’Accademia Giuseppe Gaeta, sociologo e studioso di antropologia delle società complesse, succeduto, da poco più di un mese, alla vulcanica Aurora Spinosa. La periferia si manifesta in ogni luogo e in molte forme, dall’alienazione dei moderni quartieri privi di identità al degrado delle aree suburbane.

In tale stratificazione di esperienze e conoscenze, l’oggetto artistico può, non solo, introdurre concetti di sviluppo, coesione e armonia, ma anche istituire una pedagogia diffusa del senso di cittadinanza. Napoli è un caso urbano particolare, perché la struttura della città ha sempre esercitato una funzione collettiva, che può avere esiti di esclusione o di assimilazione. Gian Maria Tosatti, intervenuto alla conferenza, ha parlato della sua esperienza artistica. Nel centro storico napoletano che, a differenza di quanto è avvenuto in molte altre metropoli, è rimasto luogo vitale della collettività, sede dinamica della storia e dei modi dei napoletani, l’artista ha realizzato due dei sette interventi pensati per le Sette stagioni dello spirito. Il primo, La Peste, nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano, a Largo Banchi Nuovi, abbandonata al suo destino dalla Seconda Guerra Mondiale, il secondo, L’Estate, nella vecchia anagrafe comunale, a piazza Dante, chiusa dal 1990. Dopo una fase iniziale di conoscenza, le persone sono entrate in contatto con le installazioni diffuse nel corpo architettonico di quegli edifici fatiscenti che, prima, narravano brani di decadenza, buchi neri nella fissità del panorama urbano, in seguito, rifunzionalizzati dal dispositivo della creazione e della fruizione artistica, sono tornati a essere parte integrata nel tessuto sociale. Bambini e adulti, persone diverse per formazione e cultura, hanno interagito liberamente con le opere, diventate dispositivi di apertura di nuovi spazi immateriali e fisici, vitali per la comunità.

La situazione è più complicata in altre zone, nel quartiere Barra, zona orientale della città, nel cuore del “Miglio d’oro”. La bellezza delle storiche ville vesuviane e del paesaggio da cartolina del Golfo, non può molto contro la crescente disoccupazione giovanile e l’instabilità del reddito. Rosa Seccia, dirigente scolastico del 48° circolo didattico “Madre Claudia Russo”, e Rino Squillante, coordinatore della scuola di pittura dell’Accademia, hanno raccontato il brutale episodio di vandalismo, avvenuto nel 2011, che colpì la scuola “C. Russo”. L’istruzione è rappresentazione immediata di coesione e opportunità, colpirne la struttura fisica vuol dire minare ogni speranza di crescita. La reazione dei docenti, del personale, degli alunni e dei genitori, però, è stata risoluta e, dopo incontri e seminari aperti al pubblico, si è potuto annunciare l’inizio del progetto “Il muro parlante” che, attraverso la didattica e la comunicazione dell’arte, sfocerà nella decorazione di un’intera facciata dell’edificio scolastico, metafora del superamento delle barriere, della validità inclusiva della cultura.

In assenza di pianificazione urbana e recupero sociale, la pratica e la teoria artistica sono strumenti spontanei di resistenza creativa, per superare l’insicurezza, il conflitto, il disagio, il senso di inutilità, mali endemici della società postcontemporanea, senza alcuna distinzione di luoghi e persone.